Skip to content Skip to footer

La Tutela dello Stemma

Autore: Conte Avvocato Gherardo Guelfi Camaiani, tutti i diritti riservati

Tralasciando di affrontare la complessa questione relativa alla portata abrogatrice sulla legislazione araldica della XIV disp. trans. della Costituzione e della sentenza n. 101 del 1967 della Corte Costituzionale, ci si chiede se ed attraverso quali strumenti l’attuale ordinamento repubblicano tuteli lo stemma araldico.

Sul punto possiamo osservare che esso, usato anche da famiglie non nobili (le famiglie di cittadinanza o di civiltà distinta) costituiva un abituale mezzo di identificazione.

Proprio in riferimento a questa sua precisa funzione lo stemma deve essere ancora oggi considerato come bene meritevole di tutela; bene di carattere immateriale che non va confuso con il corrispondente diritto sulla cosa materiale su cui può essere eventualmente riprodotto.

Lo stemma, anche nell’epoca attuale può essere considerato come il principale segno figurativo della persona ed è diretto ad individuare la persona medesima fornendo di essa un emblema visivo: un emblema che fornisce un elemento idoneo a costituire un abituale mezzo di riferimento e richiamo della persona stessa (De Cupis, I diritti della personalità, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1961, p. 169) .

La funzione dello stemma era ed è proprio quella di identificare l’individuo come appartenente ad una determinata stirpe.

Lo stemma, infatti, si affianca al cognome nella funzione identificativa della persona e nel caso di omonimia contribuisce a precisare l’appartenenza di quella medesima persona ad una determinata famiglia. Lo stemma, l’emblema, come individua una nazione, una regione, un comune, un gruppo politico, individua la persona.

La sua tutela rientra pertanto nella tutela dei segni distintivi della persona, come il nome o lo pseudonimo. Questi segni distintivi servono a distinguere le persone nell’ambito sociale, ad agevolarne la loro identificazione, a facilitare quella proiezione sociale dell’individuo che l’ordinamento giuridico vuole proteggere con gli artt. 6-9 Codice Civile.

Il diritto all’identità personale è un diritto della personalità, innato ed essenziale. Tale diritto, di portata generale, si specifica e si concretizza nel diritto ai segni distintivi personali. La possibilità di identificazione del soggetto può attuarsi con l’indicazione non solo del nome o dello pseudonimo, ma anche con l’indicazione di elementi diversi, attinenti alla sua individualità come la paternità, la maternità, i caratteri fisici o morali, luogo e data di nascita, professione, residenza. Tra tali segni distintivi secondari rientra anche lo stemma, come segno visivo di immediata identificazione.

Ad ogni persona, infatti, come unità della vita sociale e giuridica, deve essere riconosciuto l’interesse ad affermarsi non soltanto e semplicemente come persona, ma come quella persona che è realmente, come discendente da determinate persone, come membro di una determinata famiglia.

Lo stemma, quindi, deve essere tutelato dall’ordinamento alla stregua del nome e, se l’individuo ha il potere esclusivo di usare il proprio nome, ha conseguentemente il potere esclusivo di usare il proprio stemma di famiglia. A tale potere corrisponde nei terzi un obbligo di rispetto: i terzi devono astenersi dal contrastarlo negandolo e, soprattutto, devono astenersi dall’usarlo indebitamente come proprio. In riferimento a tale ultimo aspetto, secondo illustre dottrina (De Cupis, Pezzana, Mistruzzi di Frisinga), il titolare dello stemma può esigere anche giudizialmente che gli altri soggetti si astengano dall’usare il suo stemma per designare individui diversi da lui stesso o da gli altri suoi familiari legittimi titolari dello stemma medesimo: il diritto allo stemma, essendo analogo a quello che si ha sul proprio cognome, deve ritenersi soggetto alla tutelabilità giudiziale con l’esperimento delle azioni di reclamo e di usurpazione.

L’esclusività dell’uso deve essere garantita poichè altrimenti, con le confusioni che si produrrebbero, lo stemma stesso non assolverebbe più la sua funzione identificativa. Quando un altro soggetto, non legittimo titolare dello stemma, lo utilizza per designare sé stesso, si verifica una confusione personale. Certamente lo stemma non è elemento sufficiente all’identificazione della persona, ma, come segno indicativo della sua posizione familiare, concorre alla sua precisa identificazione. Si verifica, quindi, nel caso di usurpazione, una confusione familiare, ed a questa, per sè stessa corrisponde un pregiudizio.

Riprendendo quanto scritto da De Cupis (op. cit., p. 43) in materia di segni distintivi personali, costituisce un pregiudizio, per chi appartiene ad una determinata famiglia, che per effetto dell’usurpazione dello stemma si crei nella società una falsa opinione sull’appartenenza, alla stessa famiglia, di un soggetto del tutto estraneo ad essa; contro tale usurpazione può farsi valere il proprio potere d’uso esclusivo. Ogni membro di una determinata famiglia, partecipe dell’importanza e della tradizione propria di questa, sensibile agli intimi, peculiari valori morali che la medesima racchiude, è giustamente geloso di una distinzione che riguarda solamente lui e gli altri veri membri della stessa famiglia: ed in conseguenza ha un interesse, giuridicamente tutelato, a che nessun soggetto estraneo, mediante l’usurpazione dello stemma, sembri appartenere alla sua famiglia. L’estraneo, infatti, attraverso tale usurpazione, si appropria indebitamente di quel patrimonio di tradizioni e di valori che corrisponde ed appartiene alla famiglia legittima titolare dello stemma, e, per l’ingenerarsi di una falsa opinione sulla comune discendenza e di presumibile somiglianza di temperamento, costumi ed attitudini, si giova di una sorta di fallace riflesso delle qualità e delle azioni della famiglia legittima titolare dello stemma medesimo.

Che lo stemma racchiuda in sè questo patrimonio di tradizioni e di valori socialmente apprezzabili è dimostrato dal fatto stesso dell’eventuale usurpazione.

In sede giudiziaria la vittima dell’usurpazione, provato il diritto alla titolarità ed all’uso esclusivo dello stemma, potrà domandare oltre alla tutela inibitoria – cessazione del fatto lesivo – il risarcimento del danno e la pubblicazione della sentenza su uno o più giornali quale forma di restitutio in integrum. Questo in analogia a quanto previsto dal Codice Civile in tema di tutela del nome.

La garanzia offerta dall’ordinamento giuridico deve intendersi sotto il duplice aspetto della tutela inibitoria e del risarcimento del danno, ciò appunto in applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di tutela del nome.

Considerando questi ultimi, possiamo ritenere che mentre per l’inibitoria è sufficiente che l’attore dimostri, oltre all’uso illegittimo del proprio stemma, la possibilità che da ciò gli derivi un pregiudizio economico o soltanto morale, ai fini dell’azione risarcitoria devono sussistere i requisiti soggettivi ed oggettivi dell’illecito aquiliano, cioè è necessario che sussista il dolo o la colpa di chi usurpa lo stemma altrui, in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 2043 c.c.: sicchè non solo è necessaria l’esistenza di un pregiudizio effettivo, ma questo, se non ha carattere patrimoniale (danno solamente morale), è risarcibile, ai sensi dell’art. 2059 c.c., soltanto ove nella condotta dell’indebito utilizzatore sia configurabile un illecito penalmente sanzionato.

La giurisprudenza, nell’unica pronuncia per quanto ci consta, emessa dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. I, 13 luglio 1971, n. 2242) in tema di tutela dello stemma, ha confermato che: “si può consentire alla tesi della configurazione dello stemma come un segno distintivo della personalità”, tuttavia “si deve precisare che trattasi di un segno secondario, il quale non riceve una tutela in norme che ad esso appositamente si riferiscano, ma può solo ritenersi garantito in modo generico, limitatamente alle ipotesi in cui il suo uso abusivo possa cagionare un danno, perchè idoneo a realizzare un reato, come per esempio nel caso di diffamazione, od un illecito civile, come per esempio nei casi di cui agli artt. 2043 e seguenti Codice Civile”. Dunque, lo stemma è da ritenersi tutelato dall’ordinamento qualora dall’altrui indebito uso possa derivare un danno in capo al legittimo titolare, come conseguenza di un illecito di natura penale o di natura civile.

Inoltre, allo stemma come proiezione sociale dell’individuo, possono essere applicati i principi espressi dalla Corte di Cassazione in una interessante sentenza (Cass. Civ., sez. I, 22 giugno 1985, n. 3769) di cui riportiamo la massima: “l’interesse della persona, fisica o giuridica, a preservare la propria identità personale, nel senso di immagine sociale, cioè di coacervo di valori (intellettuali, politici, religiosi, professionali, ecc.) rilevanti nella rappresentazione che di essa viene data nella vita di relazione, nonchè, correlativamente, ad insorgere contro comportamenti altrui che menomino tale immagine, pur senza offendere l’onore o la reputazione, ovvero ledere il nome o l’immagine fisica, deve ritenersi qualificabile come posizione di diritto soggettivo, alla stregua dei principi fissati dall’art. 2 della Costituzione in tema di difesa della personalità nella complessità ed unitarietà di tutte le sue componenti, ed inoltre tutelabili in applicazione analogica della disciplina dettata dall’art. 7 c.c. con riguardo al diritto al nome, con la conseguente esperibilità, contro i suddetti comportamenti, di azione inibitoria e di risarcimento del danno, nonché possibilità di ottenere, ai sensi del secondo comma del citato art. 7, la pubblicazione della sentenza che accolga la domanda”.

Vuoi maggiori informazioni?